“Eros è civiltà”. Con questa frase Tinto Brass riassume tutto il suo pensiero che viene ripercorso nella mostra “Tinto Brass negli scatti di Gianfranco Salis”. Brass nasce a Milano nel 1933 e si avvicina alla fotografia e al cinema molto presto. Nel 1957 si trasferisce a Parigi, dove ha modo di confrontarsi con i maestri della Nouvelle Vague. A Parigi, Brass stringe una forte amicizia e collaborazione con il grande documentarista Joris Ivens, che lo avvicina all’arte del montaggio e del cinema. Il suo esordio nelle sale cinematografiche come regista è del 1963 con “Chi lavora è perduto”, una critica al lavoro inteso come alienazione.

In tutto il suo primo periodo, nel segno di un cinema sperimentale e di forte contestazione sociale, Brass si avvicina ai generi più diversi dirigendo alcuni dei grandi protagonisti del cinema: Silvana Mangano, Monica Vitti, Alberto Sordi, Gigi Proietti, Giancarlo Giannini, Peter O’Toole, Malcolm McDowell. È a partire dagli anni Ottanta che inizia una nuova fase del regista legata al cinema erotico, all’insegna della libertà e della trasgressione. A questo periodo risalgono alcuni dei suoi film più popolari “La Chiave”, “Capriccio”, “Monella”, “Miranda”, “Cosi fan tutte”, “Senso ’45”; nonché l’incontro con il fotografo Gianfranco Salis che già dal 1974 aveva collaborato con registi come Pasquale Squitieri, Mario Monicelli, Marco Ferreri, Nanni Loy, Ettore Scola, Dino Risi e Franco Zeffirelli.

“Tinto Brass negli scatti di Gianfranco Salis” vuole raccontare questo periodo attraverso le immagini realizzate da Salis, fotografo di scena sui set di Brass, da “Action” (1979) a “Hotel Courbet” (2009). Si tratta di scatti che testimoniano un sodalizio artistico basato sul rapporto di fiducia e di perfetta interazione tra i due artisti. Ciò ha determinato “il consolidamento di una sintonia di intenti e intuizioni tale da favorire la nascita di immagini dall’inconfondibile e icastica cifra stilistica brassalissiana o salisbrassiana”. Salis captava, si inventava e mutuava dal maestro un linguaggio visuale e un concetto spaziale che è arrivato fino a noi. Come il riflesso illuminante di quel momento contemporaneo che oggi riusciamo a vedere nelle sue diverse sfaccettature, ma appena quarant’anni fa poteva essere motivo di scandalo e censure.