“Hip Hop. Dalla strada al museo” è una retrospettiva che, attraverso le fotografie di Michael Lavine, analizza il fenomeno della cultura popolare che più ha influenzato i linguaggi di tutte le arti contemporanee, mutandone forme e contenuti. L’Hip Hop, nato all’inizio degli anni ‘70 come subcultura nei ghetti del Bronx, non è stato solo un genere musicale di grande intensità ma anche un fenomeno che ha investito la cultura tout court: moda, danza, grafica e arti visive.
Con il boom economico degli anni ’80 l’abbigliamento dei rapper conquista anche l’haute couture: gioielli d’oro e diamanti ricoprono le mani, le macchine sportive diventano uno status-symbol e le tag diventano ispirazione per i grandi brand della moda, che iniziano a guardare con sempre maggior interesse al nuovo fenomeno culturale. Negli anni Novanta i rapper diventano superstar dello show business americano e l’Hip Hop si trasforma nella principale forza artistica in diffusione negli Stati Uniti, trasformandosi in una delle più grandi industrie culturali contemporanee.

Negli anni ’10 del XXI secolo si assiste però ad una ulteriore transizione: se prima il fenomeno, per quanto di successo, era ascritto alla sfera del popolare, adesso anche le realtà istituzionali si accorgono della portata culturale del Hip Hop. Lo scorso maggio 2018 il Premio Pulizer, è stato assegnato a Kendrick Lamar specificatamente per la sua “autenticità vernacolare che offre scene che lasciano il segno e catturano la complessità della moderna vita degli afroamericani”. Due mesi dopo, Jay-z e Beyoncè girano un video clip all’interno del museo del Louvre davanti a simboli ed icone dell’arte come la Gioconda, proponendosi essi stessi come opere e mettendo in discussione il canone bianco della storia dell’arte occidentale. E se molti altri generi musicali avevano influenzato sia moda che arti visive, nessuno prima d’ora ha avuto la capacità di mescolare alto e basso dell’Hip Hop.