ONO arte celebra il 30° anniversario della caduta del Muro di Berlino con la mostra “Iggy Pop The Passenger. Fotografie di Esther Friedman”. Dal 1976 al 1978 Iggy Pop e David Bowie vissero nella Berlino divisa dal muro al numero 155 di Hauptstrasse. Quei due anni vissuti nell’enclave occidentale della DDR hanno dato vita ad alcuni dei dischi più importanti e innovativi della storia della musica pop. Canzoni buie, pericolose e urgenti che hanno influenzato generazioni di musicisti, scrittori, registi e artisti fino ai giorni nostri. Nella Berlino decadente, ispirati da scrittori come Christopher Isherwood, Bowie, Iggy Pop e la fotografa tedesca Esther Friedman si muovono tra le strade e tra la gente della ex capitale dei Terzo Reich come dei perfetti sconosciuti.

La relazione sentimentale che Esther e Iggy iniziano nel 1977, e che durerà per 7 anni, permetterà alla fotografa tedesca di ritrarre intimamente James Newell Osterberg, alias Iggy Pop, come mai era accaduto prima e mai accadrà dopo, nonostante il performer di Detroit sia stato immortalato dai più importanti fotografi del mondo. Che siano immagini scattate nel loro appartamento, in giro per Berlino, in tour negli Stati Uniti, in vacanza in Kenia, la Friedman stabilisce con Iggy Pop un modo unico e complesso di comunicare con la macchina fotografica. Un modo privo di parole, affascinante e collaborativo di mostrare come fosse la loro vita in quegli anni. Iggy Pop ha vissuto tante vite, sopravvivendo a se stesso, e negli scatti in bianco e nero di quegli anni emerge l’aspetto creativo-distruttivo del grande ex-Stooges. La macchina fotografica della Friedman è affascinata dalla plasticità del suo fisico e dall’espressività del suo volto, non lontana dai canoni estetici dell’espressionismo tedesco ai quali David Bowie introdusse Iggy proprio in quegli anni.

L’avventura umana e professionale di Iggy Pop e David Bowie a Berlino rimane una delle più affascinanti, struggenti e romanzate storie nella quale ci si possa imbattere tra le tante che hanno arricchito la cosiddetta cultura popolare e ritornano oggi a vivere attraverso le fotografie della Friedman.